23/04/2015

Divorzio breve

Approvata definitivamente ieri (22.04.2015), dalla Camera, la riforma (non ancòra in vigore – dovendosene attendere la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale -) con cui si abbreviano i tempi per il divorzio (che presuppone, pur sempre, una propedeutica fase di separazione): dodici mesi, in caso di separazione giudiziale, decorrente dalla notifica del relativo ricorso all’altro coniuge ovvero (premiali) sei mesi, in caso di separazione consensuale, che decorrono dal deposito del ricorso congiunto.

Il provvedimento, che confluisce nel più vasto fenomeno della “patrimonializzazione” del diritto privato, esalta la libertà e l’autonomia di ciascun coniuge (artt. 41, 1° e 3 Cost.) salutando, in modo tombale (Cass. civ. Sez. I, 20.08.2014, n. 18066), la tradizionale teoria istituzionalistica della famiglia (A. Cicu).

Sono pertanto attualmente ammessi i patti dispositivi degli status ? o è necessario espungere il matrimonio da tale novero ? o ancora, invariata l’indisponibilità dello status coniugalis, il legislatore contemporaneo ha inteso affidare all’avvocato un inedito ruolo di ‘terzo’ sinora occupato dal giudice ?

Sono da giudicarsi validi ed efficaci, oltre ai patti conclusi tra i coniugi in vista del divorzio (quando la crisi coniugale è già conclamata), anche gli accordi prematrimoniali (tradizionalmente ritenuti, dalla giurisprudenza di legittimità, nulli per illiceità della causa – pur registrandosi, di recente, timide aperture che fanno leva sull’art. 1322, c.c.: Cass. civ. Sez. III, 21.08.2013, n. 19304 e Cass. civ. Sez. I, 21.12.2012, n. 23713 -) ?

Il mantenimento eventualmente da riconoscere in favore di uno dei due coniugi deve quindi assolvere ad una funzione (non assistenziale ma) schiettamente compensativa ?