Sentenza 9 febbraio 2017, N. 35
Massima n. 1: Una motivazione sufficiente e non implausibile sulla sussistenza dell’interesse ad agire dei ricorrenti basti ad escludere un riesame dell’apprezzamento compiuto dal giudice a quo ai fini dell’ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale. Del resto, l’apprezzamento su una condizione dell’azione quale l’interesse ad agire è tipicamente compito del giudice rimettente.
Massima n. 2: È la giurisprudenza di legittimità a chiarire, in generale, che è la natura dell’azione di accertamento a non richiedere necessariamente la previa lesione in concreto del diritto, ai fini della sussistenza dell’interesse ad agire, ben potendo tale azione essere esperita anche al fine di scongiurare una futura lesione.
Massima n. 3: Neppure ha fondamento l’obiezione secondo la quale le questioni sollevate difetterebbero di pregiudizialità, essendo impossibile distinguere tra oggetto dei giudizi a quibus e oggetto del controllo di costituzionalità. Come già osservato da questa Corte (sentenze n. 110 del 2015 e n. 1 del 2014), nel giudizio principale il petitum consiste nella richiesta di accertare la pienezza costituzionale del diritto di voto; nel giudizio costituzionale, invece, si chiede di dichiarare che il diritto di voto è pregiudicato dalla disciplina vigente. Tale pregiudizialità sussiste anche nei casi all’attuale scrutinio, nei quali la legge elettorale non è ancora stata applicata, poiché la domanda dei ricorrenti è pur sempre quella di accertare la portata del diritto di voto, e tale accertamento prescinde dalla sua già avvenuta lesione in una tornata elettorale.
Massima n. 4: Il giudizio di legittimità costituzionale non può estendersi oltre i limiti fissati dall’ordinanza di rimessione, ricomprendendo profili ulteriori indicati dalle parti. Questi ultimi non possono concorrere ad ampliare il thema decidendum proposto dinnanzi a questa Corte, ma ne debbono restare esclusi, sia che essi siano diretti ad estendere o modificare il contenuto o i profili determinati dall’ordinanza di rimessione, sia che – come è avvenuto in questi casi – essi abbiano formato oggetto dell’eccezione proposta dalle parti stesse nel giudizio principale, senza essere stati poi fatti propri dal giudice nell’ordinanza stessa.
Massima n. 5: Questa Corte ha sempre riconosciuto al legislatore un’ampia discrezionalità nella scelta del sistema elettorale che ritenga più idoneo in relazione al contesto storico-politico in cui tale sistema è destinato ad operare, riservandosi una possibilità di intervento limitata ai casi nei quali la disciplina introdotta risulti manifestamente irragionevole. Con specifico riferimento a sistemi elettorali che innestano un premio di maggioranza su di un riparto di seggi effettuato con formula proporzionale, la giurisprudenza costituzionale ha già affermato che, in assenza della previsione di una soglia minima di voti e/o di seggi cui condizionare l’attribuzione del premio, il meccanismo premiale è foriero di un’eccessiva sovrarappresentazione della lista di maggioranza relativa.
Massima n. 6: Non può essere la compresenza di premio e soglia, nelle specifiche forme ed entità concretamente previste dalla legge elettorale, a giustificare una pronuncia d’illegittimità costituzionale del premio. Ben vero che qualsiasi soglia di sbarramento comporta un’artificiale alterazione della rappresentatività di un organo elettivo, che in astratto potrebbe aggravare la distorsione pure indotta dal premio. Ma non è manifestamente irragionevole che il legislatore, in considerazione del sistema politico-partitico che intende disciplinare attraverso le regole elettorali, ricorra contemporaneamente, nella sua discrezionalità, a entrambi tali meccanismi. Del resto, se il premio ha lo scopo di assicurare l’esistenza di una maggioranza, una ragionevole soglia di sbarramento può a sua volta contribuire allo scopo di non ostacolarne la formazione. Né è da trascurare che la soglia può favorire la formazione di un’opposizione non eccessivamente frammentata, così attenuando, anziché aggravando, i disequilibri indotti dalla stessa previsione del premio di maggioranza.
Massima n. 7: È necessario sottolineare che non è il turno di ballottaggio fra liste in sé, in astratto considerato, a risultare costituzionalmente illegittimo, perché in radice incompatibile con i principi costituzionali evocati. In contrasto con gli artt. 1, secondo comma, 3 e 48, secondo comma, Cost. sono invece le specifiche disposizioni della legge n. 52 del 2015, per il modo in cui hanno concretamente disciplinato tale turno, in relazione all’elezione della Camera dei deputati. Il turno di voto qui scrutinato – con premio assegnato all’esito di un ballottaggio in un collegio unico nazionale con voto di lista – non può essere accostato alle esperienze, proprie di altri ordinamenti, ove al ballottaggio si ricorre, nell’ambito di sistemi elettorali maggioritari, per l’elezione di singoli rappresentanti in collegi uninominali di ridotte dimensioni. In casi del genere, trattandosi di eleggere un solo rappresentante, il secondo turno è funzionale all’obbiettivo di ridurre la pluralità di candidature, fino ad ottenere la maggioranza per una di esse, ed è dunque finalizzato, oltre che alla elezione di un solo candidato, anche a garantirne l’ampia rappresentatività nel singolo collegio. Appartiene invece ad una logica diversa – presentandosi quale istanza risolutiva all’interno di una competizione elettorale selettiva fra le sole due liste risultate più forti, nell’ambito di un collegio unico nazionale – l’assegnazione di un premio di maggioranza, innestato su una formula elettorale in prevalenza proporzionale, finalizzato a completare la composizione dell’assemblea rappresentativa, con l’obbiettivo di assicurare (e non solo di favorire) la presenza, in quest’ultima, di una maggioranza politica governante. Se utilizzato in un tale contesto, che trasforma in radice la logica e lo scopo della competizione elettorale (gli elettori non votano per eleggere un solo rappresentante di un collegio elettorale di limitate dimensioni, ma per decidere a quale forza politica spetti, nell’ambito di un ramo del Parlamento nazionale, sostenere il governo del Paese), un turno di ballottaggio a scrutinio di lista non può non essere disciplinato alla luce della complessiva funzione che spetta ad un’assemblea elettiva nel contesto di un regime parlamentare.
Massima n. 8: In sostanza, mentre lede la libertà del voto un sistema elettorale con liste bloccate e lunghe di candidati, nel quale è in radice esclusa, per la totalità degli eletti, qualunque indicazione di consenso degli elettori, appartiene al legislatore discrezionalità nella scelta della più opportuna disciplina per la composizione delle liste e per l’indicazione delle modalità attraverso le quali prevedere che gli elettori esprimano il proprio sostegno ai candidati.
Massima n. 9: L’assenza nella disposizione censurata di un criterio oggettivo, rispettoso della volontà degli elettori e idoneo a determinare la scelta del capolista eletto in più collegi, è in contraddizione manifesta con la logica dell’indicazione personale dell’eletto da parte dell’elettore, che pure la legge n. 52 del 2015 ha in parte accolto, permettendo l’espressione del voto di preferenza. L’opzione arbitraria consente al capolista bloccato eletto in più collegi di essere titolare non solo del potere di prescegliere il collegio d’elezione, ma altresì, indirettamente, anche di un improprio potere di designazione del rappresentante di un dato collegio elettorale, secondo una logica idonea, in ultima analisi, a condizionare l’effetto utile dei voti di preferenza espressi dagli elettori.